Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti

Dall’obiezione di coscienza al servizio civile universale

L’argomento che tratteremo è quello del servizio civile, in particolar modo tratteremo l’evoluzione storico-normativa che ha caratterizzato l’iter e dunque la vita del servizio civile, dagli albori, o per meglio dire, dalla fase embrionale dello stesso, fino ad arrivare all’Istituto così come lo conosciamo oggi, vale a dire il servizio civile universale.
Iniziamo col dire che cos’è il servizio civile?
Il servizio civile è quell’esperienza che oggi consente ai giovani dai 18 ai 28 anni di utilizzare un anno della propria vita in favore di un impegno solidaristico, inteso come il raggiungimento, o meglio la collaborazione al raggiungimento del bene comune. Il servizio civile è innanzitutto un modo di difendere la patria, così come è sancito dall’articolo 52 della nostra Costituzione che recita, la difesa della patria è sacro dovere del cittadino, è un dovere di difesa della patria, però diverso da quello fisico e dunque militare. Perché, il servizio civile
nasce proprio come alternativa alla leva obbligatoria. E quindi strettamente correlata a quella che viene definita obiezione di coscienza.
Oggi il servizio civile, come abbiamo detto, consente dunque ai ragazzi di spendere fattivamente il proprio tempo e di collaborare sinergicamente al raggiungimento del bene comune. E al miglioramento, se vogliamo, delle condizioni sia sociali, culturali e, perché no, economiche, della Comunità in cui vivono.
Il giovane, che è in servizio civile, ha degli obblighi ma anche dei diritti. Difatti ogni ragazzo che si appresta ad iniziare la propria attività volontaria, Come sapete, dovrà prendere visione di un contratto e dovrà firmare una Carta dei diritti e dei doveri, all’interno Della quale sono specificate, appunto, tutte quelle che definiamo le clausole alle quali bisogna tenere fede, E rispetto alle quali non si può transigere. Il servizio civile, dunque, nasce come Conseguenza del riconoscimento dell’obiezione di coscienza. In altri termini, come un’alternativa valida alla cosiddetta leva obbligatoria o all’obbligo di leva militare che dir si voglia. F
u istituito concretamente con la legge numero 64 del 2001 ed era su base volontaria, che consentiva, arrivati a questo punto, la partecipazione anche alle donne, successivamente, con esattezza. Nel 2005 fu eliminato.
Abrogato quindi il servizio obbligatorio di leva, da questa data in avanti il servizio civile fu. Esclusivamente su base volontaria.
E’ bene precisare Un aspetto, relativamente alla terminologia utilizzata. Infatti, il termine volontario associato al ragazzo che avvia la sua esperienza di servizio civile delle volte rischia di creare confusione. La parola volontario, generalmente utilizzata con il significato della persona che offre il proprio tempo in maniera totalmente gratuita, con fini di solidarietà. E fa capo. Tutto ciò alla Carta, la famosa Carta dei valori del volontario. Il ragazzo di servizio civile, invece, è definito volontario in quanto Tale definizione deriva dalla caratteristica di svolgere il servizio in maniera volontaria, cioè come una libera scelta. Dunque è differente, ma in modo profondo da tutti quei ragazzi che lo svolgevano come scelta alternativa al servizio militare, ma in forma obbligatoria.
Allora iniziamo col capire cosa intendiamo quando utilizziamo l’espressione obiezione e quindi obiettore di coscienza.
Come la maggior parte delle parole della lingua italiana, anche la parola obiezione deriva dal latino, in particolare dal verbo obicere, che significa appunto rifiuto, contrapposizione. Dunque l’obiezione di coscienza altro non è che il rifiuto di obbedire, dunque la contrapposizione rispetto ad una norma, il rifiuto di obbedire ad una legge, a un comando, in quanto si ritiene che tale legge, tale comando, sia in netta contrapposizione con i propri valori, con i propri principi, dunque con tutte quelle convinzioni personali che sono fortemente radicate nella propria coscienza. L’obiettore di coscienza, dunque, è un cittadino che, ripudiando l’utilizzo delle armi, Quindi anche di tutte quelle attività ad esse collegate, per delle proprie convinzioni morali, si rifiuta di adempiere all’obbligo Militare.
Cerchiamo di capire qual è stato l’iter, il percorso, la strada che ci ha condotti alla famosa legge Marcora, che Tra le altre cose, fu l’incipit da cui si è partiti per riuscire ad addivenire al servizio civile, così come lo conosciamo oggi, quindi nelle sue vesti moderne. In Italia l’obiezione di coscienza vede alcuni esempi già nella prima metà del secolo scorso, ma iniziò ad essere un fatto fortemente sentito sia a livello politico che culturale, solo a partire dal secondo dopoguerra, gli obiettori che iniziarono a manifestarsi in questi anni, Che purtroppo furono sottoposti a condanne a carcerazioni.
Molto importante fu l’esperienza Di Pietro Pinna, uno dei fondatori dello storico movimento non violento, che nel gennaio del 1949 sollevò un problema rispetto alla leva obbligatoria, appellandosi a tutta una serie di argomentazioni di carattere filosofico, politico.
Successivamente, nel 62, fu Giovanni Gozzini, Con una propria dichiarazione a definirsi, a proclamarsi, obiettore cattolico, fu proprio a seguito di tale dichiarazione che si aprì una forte E sentita discussione nel mondo ecclesiastico.
In questi anni, andò sempre più lievitando e crescendo, Il numero di coloro i quali si rifiutavano di utilizzare le armi e quindi di indossare la divisa, allo stesso tempo ci fu, Anche chi, all’interno della Chiesa, prese delle posizioni ben precise. Nel 1965, infatti, un gruppo di cappellani militari che erano in congedo, criticavano in maniera cruenta, aspra, la renitenza alla leva, quindi. Gli obiettori di coscienza erano nel loro mirino. Perché questo? Perché secondo questi cappellani chi si rifiutava di imbracciare le armi in difesa della patria, altro non faceva che insultare la propria patria e dunque altro non faceva, che porre in essere un atto vile e contrario alla propria nazione. Qui nacque la risposta di Don Milani. Pubblicò, appunto, su una rivista dell’epoca chiamata Rinascita, tutta una serie di Argomentazioni, in cui, in soldoni, affermava che l’obbedienza non era più da individuare come una virtù, ma per certi aspetti era un vizio, in quanto ogni cittadino doveva sentirsi libero, doveva avere il diritto di obiettare. Dunque aveva il diritto all’obiezione di coscienza.
Definì l’obiezione di coscienza, Don Milani, una eroica coerenza cristiana. Inutile dire che Don Milani, insieme con il direttore della rivista poc’anzi citata, ovvero rinascita, il Direttore si chiamava pavolini, furono rinviati a giudizio addirittura con l’accusa di incitamento alla diserzione, alla disubbidienza militare.
Non potendo essere presente al processo, fisicamente, Don Milani scrisse una lettera passata alla storia come “lettera ai giudici” in cui confermava e ribadiva con maggiore forza, strenuamente, le proprie convinzioni.
Dopo alcuni anni la Corte di appello di Roma condannò Pavolini per apologia di reato. Mentre Don Milani non poté ricevere alcuna condanna in quanto, purtroppo, Proprio in quell’anno si registrò la sua dipartita. Il tema dell’obiezione di coscienza, però, piano piano riuscì a fuoriuscire e quindi ad essere sdoganato. Ad andare oltre i confini del mondo cattolico ed ecclesiastico, fu un tema affrontato all’epoca anche dalla Filmografia, in particolare ricordiamo nel 1961 un film dal titolo “Non uccidere”, diretto da un regista francese Cloudhound Lara, la sceneggiatura Era la seguente, due ragazzi pressoché coetanei, si ritrovarono all’interno dello stesso carcere, uno era un seminarista, l’altro invece era un semplice giovane, non ricordo se Un militare o meno. Il seminarista era Stato rinchiuso perché aveva Ucciso e fucilato un partigiano, l’altro Ragazzo, invece, un obiettore di coscienza, fu rinchiuso proprio perché non aveva Adempiuto al comando dell’autorità, in quanto si era rifiutato di imbracciare le armi. Morale della favola, il ragazzo obiettore di coscienza fu condannato, mentre il seminarista no. E questo perché, secondo i giudici, il seminarista aveva ucciso per obbedire ad un ordine superiore, mentre l’obiettore fu condannato per aver violato la legge civile. Ovviamente il film fu subissato da critiche, sia da destra che da sinistra, e incontrò una profonda difficoltà nell’essere distribuito, fu proiettato solo in una parentesi temporale molto ridotta. Fu presentato anche alla Mostra di Venezia nel 1961, ma fu prontamente bloccato dalla censura. Questo perché veniva considerato anche nel 61 come una sorta di istigazione a delinquere, una sorta di istigazione a violare la legge che prescriveva all’epoca il servizio di leva obbligatorio. Nello stesso anno ci fu un caso emblematico, di fatti nello stesso anno, l’allora sindaco di Firenze Giorgio la Pira fece proiettare questo film, in barba a tutti i divieti. Il sindaco la Pira fu sottoposto ad un processo a seguito di questa scelta. Per molti cronisti dell’epoca, fu una scelta improvvida, anche se la sua azione è stata poi successivamente rivalutata e definita un atto di disobbedienza civile al quadrato. Perché disobbedienza civile al quadrato? perché da un lato pone il problema della libertà di pensiero sancita, come sapete, Dalla Costituzione, dall’altro invece ripropone, Il diritto alla libertà di coscienza di fronte alla guerra.
Vediamo adesso di entrare nel vivo della legge che ha istituito per la prima volta in Italia l’Istituto dell’obiezione di coscienza e quindi lo status di obiettore di coscienza. La legge in questione è la legge numero 772 del 1972. Passata alla storia anche come la legge marcora, contenente norme in materia di obiezione di coscienza. Molto significativo è l’articolo uno di questa legge, che recitava, che gli obbligati alla leva che dichiaravano di essere contrari in Ogni circostanza all’utilizzo delle armi. Per motivi imprescindibili di coscienza, potevano essere ammessi a soddisfare quest’obbligo del servizio militare, l’obbligo, come abbiamo visto, sancito dalla Costituzione nei modi previsti dalla presente legge, cioè da questa legge Marcora, vedremo poi quali sono i modi.
Particolare era il fatto che i motivi di coscienza che l’aspirante obiettore Proponeva, per poter usufruire di una misura alternativa, e quindi del servizio militare non armato, dovevano essere attinenti ad una concezione generale della vita basata su convincimenti profondi di carattere religioso, filosofico o anche morali.
Non erano ammessi Ad avvalersi di questa legge, tutti coloro che nel momento della domanda risultavano titolari di licenze o di autorizzazioni relative alle armi, armi che venivano espressamente indicate in altri articoli della legge, in particolare, l’articolo 28 e l’articolo 30 del testo unico della legge di pubblica Sicurezza, inoltre, non erano nemmeno ammessi ad usufruire di questo Servizio militare non armato, tutti coloro i quali avevano Ricevuto delle condanne per detenzione o per porto abusivo di armi. In questa prima legge, quindi, i cittadini obbligati alla leva che dovevano essere contrari, in ogni circostanza all’utilizzo delle armi, potevano assolvere l’obbligo di leva militare presentando una domanda all’interno della quale si chiariva in modo esplicito la volontà di svolgere il servizio militare non armato in sostituzione del servizio militare armato. L’organo competente era il ministero della Difesa, che aveva, tra le altre cose, il compito di nominare una Commissione, la quale, aveva il potere di ammettere o non ammettere la domanda dell’aspirante obiettore di coscienza.
Un aspetto particolare da ricordare è il fatto che la legge numero 772 del 1972, quindi, la legge Marcora, era per certi aspetti punitiva nei confronti degli obiettori di coscienza. Questo in quanto la durata del servizio militare non armato veniva allungata di ben 8 mesi, rispetto al servizio militare armato. Qualcuno ha cercato di spiegare tale incongruenza temporale semplicemente con il fatto che chi Non usufruiva dell’alternativa al servizio militare, e quindi i militari, potevano essere anche richiamati dopo il congedo. Diciamo che da un certo punto di vista i primi obiettori di coscienza riconosciuti dallo Stato. Si ritrovarono a vivere delle situazioni un po scomode, in quanto, in base anche a diverse testimonianze giunte a noi, molti furono costretti ad autogestirsi, subirono pesanti disagi, pesanti problematiche legate alle lentezze burocratiche. E dovevano sottostare sempre e comunque alla gestione amministrativa del ministero della Difesa. Proprio in questi anni fu istituita la cosiddetta Lega obiettori di coscienza, anche denominata con l’acronimo lock, che. Rappresentava, in un certo senso l’espressione politica del diritto di obiezione. Ci fu poi dopo un decennio, esattamente circa 13 anni dopo la promulgazione della legge Marcora, una sentenza della Corte costituzionale che affermava la pari dignità tra il servizio militare e il servizio civile. Entrambi i servizi per la prima volta, venivano dunque equiparati e, seppur in modi diversi, venivano identificati come due modi equipollenti, atti a soddisfare il dovere di difesa della Patria.
Dovere, come abbiamo visto nella parte introduttiva sancito dalla nostra Carta costituzionale. Successivamente, nel 1998, nacque La Consulta nazionale degli enti di servizio civile. Un’altra sentenza del 1989, sempre della Corte costituzionale. Finalmente equivarò anche la durata del servizio civile o, se vogliamo, del servizio militare non armato, al servizio militare armato. La durata era dunque di 12 mesi. Nell’ottantasette, infine, la commissione per i diritti umani dell’ONU, riconobbe l’obiezione di coscienza come un vero e proprio diritto dell’uomo.
Dunque abbiamo visto come, dagli albori della sua nascita, dalla legge Marcora, il servizio civile. O per meglio dire, l’obiezione di coscienza, Cambiò volto, cambiò vesti, passando da essere inteso come beneficio, all’essere inteso come un diritto dell’uomo.
Nel 1998, precisamente l’otto luglio del 98, viene varata la legge numero 230, recante nuove norme in materia di obiezione di coscienza. Questa legge va ad abrogare la legge che abbiamo visto prima, cioè la numero 772.
Vedremo poi di sottolineare quali sono le novità introdotte dalla legge 230.
Iniziamo a vedere il contenuto dell’articolo uno di questa legge.
“I cittadini che, per obbedienza alla coscienza nell’esercizio del diritto alle libertà di pensiero, coscienza, religione, riconosciute dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, opponendosi all’uso delle armi, non accettano l’arruolamento nelle forze armate o nei corpi armati dello Stato. possono adempiere gli obblighi di leva prestando, in sostituzione del servizio militare, un servizio civile diverso per natura e autonomo dal servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale di difesa della patria, è ordinato ai fini enunciati nei principi fondamentali della Costituzione. Tale servizio si svolge secondo le modalità e le norme stabilite nella presente legge”.
Bene, allora qual è la prima cosa che salta all’occhio che vale la pena evidenziare a seguito della lettura dell’articolo uno della legge numero 230? È chiaro che l’obiezione di coscienza, grazie all’intervento di questa nuova legge, che ricordiamo andò ad abrogare la precedente, la numero 772, l’obiezione di coscienza non è più inteso come un beneficio concesso dallo Stato, bensì come un vero e proprio diritto soggettivo del cittadino. Un’altra novità introdotta dalla 230, È senza dubbio l’eliminazione del potere di controllo da parte dello Stato, di fatti, come abbiamo visto, sulla scorta Della precedente legge, poi abrogata, era lo Stato a doversi pronunciare sulla fondatezza delle motivazioni di coscienza, si parla di accoglimento della domanda di servizio civile con la nuova legge, quindi, non più di pronunciamento sulla domanda di obiezione.
Tra le altre cose, cambiano anche gli organi preposti, mentre prima a pronunciarsi, ad avere. Potere e competenze era il
ministero della Difesa con la nuova legge l’amministrazione del servizio civile passa dal ministero della Difesa alla Presidenza del Consiglio dei ministri, proprio in seno alla Presidenza del Consiglio dei ministri, viene istituito un apposito ufficio denominato Ufficio nazionale del servizio civile. Alcuni punti di rilevante importanza. Derivati dall’intervento della nuova legge della numero 230, sono ad esempio l’istituzione dell’albo degli enti e delle organizzazioni convenzionate, la creazione di un fondo ad hoc, ovvero il Fondo nazionale per il servizio civile, all’interno del quale confluiscono tutti quei fondi che invece in precedenza erano gestiti dal ministero della Difesa. Inoltre viene introdotta la possibilità di prestare il servizio all’estero, e sono introdotte delle norme disciplinari molto più chiare e più precise. A seguito di questa nuova legge, la numero 230, viene creata la Consulta nazionale del servizio civile, ossia lo strumento per riconoscere l’importanza del coinvolgimento dei vari attori del servizio.
La Consulta era formata da rappresentanti delle amministrazioni centrali dello Stato, dai rappresentanti dei principali soggetti del terzo settore, dei comuni italiani e degli obiettori stessi. Sono molti gli aspetti che vengono ulteriormente equilibrati, e che fanno sì che il servizio militare venga equiparato al servizio civile, come ad esempio la paga o il riconoscimento del punteggio nei concorsi pubblici. Un’altra novità? Introdotto dall’articolo 9 della numero 230, è che l’attività operativa del servizio civile viene integrata con un periodo di formazione. Sono questi gli anni del boom, se vogliamo, per il servizio civile in quanto a
seguito della promulgazione della 230, il servizio civile si amplia non solo per quanto concerne il numero degli enti accreditati, ma anche per quanto attiene al numero degli obiettori, difatti. Nel 1999 le domande per svolgere il servizio civile raggiungono addirittura una quota di 110.000 domande, numeri quindi mai visti fino a quel momento. E nel 2001, con esattezza con la legge numero 64 del 6 Marzo del 2001 che viene a tutti gli effetti istituito il servizio civile nazionale. Quasi come lo conosciamo oggi.
Oggi cambia per quanto concerne l’aspetto dell’universalità, che poi avremo modo di vedere, ma i caratteri fondamentali del servizio civile vengono istituiti nel 2001. Il nuovo volto del servizio civile viene caratterizzato dalla volontarietà. Il servizio civile, infatti, a partire dal 2001 non è più un’alternativa al servizio militare obbligatorio. Dunque la scelta, di svolgere attività di servizio civile, è totalmente su base volontaria, è aperto anche alle donne ed è riservato a cchi è inabile alla leva, dai 18 ai 26 anni. Infatti, in una prima fase possiamo dire quasi che si registra la coesistenza di due servizi civili, cioè quello obbligatorio per gli obiettori di coscienza e quello volontario per le donne e i riformati alla leva obbligatoria.
E’ con la legge numero 226 del 2004 che il Parlamento decide di anticipare la sospensione della leva obbligatoria, che era invece prevista per il 2007. Fu anticipata da questa sospensione al 2005, ed è proprio a partire da questa data che inizia una vera e propria, nuova fase del servizio civile che finalmente diventa esclusivamente su base volontaria. Non è dunque più un’alternativa al servizio militare, ma è una scelta volontaria che i giovani possono compiere, a partire dai diciott’anni fino ai 28 anni.
Abbiamo visto dunque come dalla diffusione prima Culturale e poi politica, dell’obiezione di coscienza e quindi dall’istituzione dello status di obiettore, si sia giunti gradualmente alla nascita del servizio civile inteso prima come alternativa al Servizio militare obbligatorio, divenuto poi invece una possibilità, rivolta ai giovani dai 18 ai 28 anni su base volontaria l’obiettore di coscienza, tuttavia Viveva dei limiti, uno su tutti era quello di non poter più utilizzare le armi, quindi? A seguito del riconoscimento al soggetto dello status di obiettore di coscienza, subentrava la preclusione dall’autorizzazione per avere la licenza di porto d’armi, salvo però di rinunciare a questo Stato. E nel 2007 che viene introdotta la possibilità, rivolta agli obiettori di coscienza di rinunciare a tale status, in particolare con la legge numero 130, infatti, gli obiettori di coscienza possono fare da quel momento, quindi dal 2007, la dichiarazione irrevocabile di rinuncia di status di obiettore di coscienza. Con tutto ciò che ne consegue, difatti rinunciando a tale status, il soggetto che era posto all’obbligo di leva e che utilizzava l’alternativa del servizio civile, o servizio militare non armato, può rinunciare dal 2007 allo status di obiettore di coscienza e può, quindi, nuovamente, se interessato, richiedere il rilascio del porto d’armi, partecipare a concorsi che prevedano l’utilizzo delle armi, come per esempio i concorsi nei corpi armati, nella polizia, nei carabinieri. E via discorrendo. Con la possibilità di dichiarazione di rinuncia dello status di obiettore, dunque una persona può mutare la scelta che aveva fatto prima al raggiungimento dei 18 anni della maggiore età. Bisogna però ragionare sulle motivazioni che hanno spinto tutti quei ragazzi. Posti davanti all’obbligo di leva a scegliere la via dell’obiezione. Non tutti forse erano mossi e animati dalla motivazione che creava il vincolo per opporsi al servizio militare. Quindi, come diceva la 772, non tutti, Probabilmente, avevano dei principi, dei valori, degli ideali che si ponevano in netta contraddizione rispetto all’utilizzo delle armi, così come. Evidentemente non tutti coloro i quali partecipavano al servizio di leva obbligatoria erano mossi da un puro sentimento di difesa della patria. Probabilmente la maggior parte dei ragazzi che Erano obbligati alla leva militare, non hanno vissuto dunque questa chiamata, come una chiamata a difendere i confini della patria, ma solo come un semplice obbligo che lo Stato imponeva su di loro.
Dunque, con la legge del 2007 numero 130, finalmente gli obiettori di coscienza potevano Effettivamente ottenere tutte le licenze in materia di armi ed esplosivi, ovviamente, previa rinuncia del proprio status. Fino all’approvazione di questo provvedimento questa opportunità non veniva concessa agli obiettori, in quanto si riteneva che se in passato si era deciso di rifiutare di prestare servizio militare e quindi ci si era dichiarati obiettori di coscienza, tale scelta non poteva più cambiare nel tempo. Quindi questo provvedimento concede finalmente agli ex obiettori le stesse opportunità sia sociali che lavorative, che venivano garantite a tutti coloro che avevano invece prestato regolarmente il servizio militare, ad esempio con la rinuncia dello status. Un ex obiettore può ottenere la licenza di caccia, può possedere un’arma da fuoco per difesa personale o, come abbiamo detto, svolgere, attività lavorativa che preveda il porto di un’arma.
Siamo giunti dunque all’ultima tappa di questo nostro viaggio in cui abbiamo avuto la possibilità di evidenziare l’excursus storico-normativo che ha caratterizzato l’evoluzione del servizio civile. A partire dalla sua fase embrionale, dunque, dagli albori della sua esistenza, segnatamente dall’affermarsi dell’Istituto dell’obiezione di coscienza fino ad arrivare al servizio civile alternativo alla leva obbligatoria, divenuto poi invece servizio civile nazionale. Dunque, non più una concessione da parte dello Stato, bensì un diritto riconosciuto a tutti i cittadini, sia uomini che donne dai 18 ai 29 anni non compiuti.
Siamo giunti poi. Precisamente, in data 3 Aprile del 2017, attraverso la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale numero 78, con il decreto legislativo 6 Marzo 2017, numero 40 all’istituzione e alla disciplina del servizio civile universale, in attuazione di quello che era l’articolo 8 della legge 6 giugno 2016 numero 106. Che non faceva altro che modificare il sistema del servizio civile nazionale così come era stato istituito, se ricordate con la legge numero 64 del 2001.
I punti più rilevanti intervenuti a seguito di questo nuovo provvedimento normativo riguardano innanzitutto il rafforzamento Del servizio civile, inteso come strumento di difesa non violento, quindi non armato della patria. Si distinguono diversi ambiti di intervento, tra cui ad esempio l’assistenza, la protezione civile, il patrimonio storico, artistico e culturale, la valorizzazione del patrimonio ambientale, la riqualificazione urbana, l’agricoltura in zona di montagna, la promozione della cultura italiana e via discorrendo. Tutti ambiti di intervento intesi come strumenti efficaci per il raggiungimento dello scopo principale che è quello, se vi ricordate, di favorire la crescita sia sociale, culturale e, non ultimo, economica, della comunità in cui viviamo. Il nuovo sistema è caratterizzato da una serie di peculiarità. Innanzitutto abbiamo un diverso ruolo degli attori O, se vogliamo, dei soggetti che partecipano alla realizzazione del servizio civile universale, ad esempio, lo Stato acquisisce un ruolo preminente attraverso lo svolgimento di attività di programmazione e di progettazione, che garantiscono, attraverso un’analisi molto puntuale del contesto sia nazionale che internazionale. Tutta la pianificazione di quegli interventi in materia di servizio civile universale, sia in Italia che all’estero, nonché ovviamente l’individuazione dei cosiddetti standard qualitativi degli interventi stessi.
L’attività di programmazione del servizio civile universale ha infatti tra gli scopi la funzione di rilevare nell’ambito del territorio, tutti quei fabbisogni, quelle necessità, prevalenti e quindi individuare quegli interventi idonei e atti a soddisfare gli stessi, in coerenza un po con le politiche settoriali realizzate dalle singole amministrazioni. Tra gli altri obiettivi. Anche quello di contribuire al raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal governo, questa attività? Si realizza attraverso un piano triennale che viene poi scorporato e attuato in piani annuali, a loro volta articolati in programmi di intervento. Un’altra competenza che viene riconosciuta ed attribuita allo Stato è quella che riguarda la valutazione ex post degli interventi di servizio civile universale, una sorta di monitoraggio che ha come scopo quello di garantire una verifica dell’impatto effettivo degli Stessi interventi sui territori e sulle comunità locali, dove i vari programmi operano. Quindi le regioni e le province autonome, invece, partecipano alla realizzazione degli interventi di servizio civile nei rispettivi ambiti di competenza, sempre nel rispetto della programmazione stabilita dallo Stato, in particolare gli Enti territoriali, quindi le regioni e le province autonome curano, per così dire, l’attuazione dei programmi di intervento e possono svolgere. Alcune attività definite e stabilite sulla base di accordi che riguardano la formazione da erogare al personale degli enti di servizio civile. Le ispezioni presso gli enti che operano nei rispettivi ambiti territoriali, il monitoraggio e non ultimo, la valutazione dei risultati perseguiti con gli interventi di servizio civile universale. Dunque, il nuovo modello prevede una diversa modalità di partecipazione degli enti al servizio civile universale, questo perché, a seguito dell’accreditamento presso un apposito albo, i medesimi possono aderire agli interventi individuati dallo Stato e curarne la effettiva realizzazione. Ma perché viene definito universale questo nuovo modello di servizio civile? Il decreto legislativo di cui abbiamo parlato poc’anzi, prevede infatti la partecipazione al sistema, oltre che dei cittadini dell’Unione europea, anche dei cittadini stranieri che sono residenti in Italia. E questo soprattutto al Fine di uniformarsi ad una pronuncia della Corte costituzionale risalente al 2015 e anche per uniformarsi alle varie richieste che sono pervenute dall’Unione europea. Tutto questo per far sì che si riesca a superare, o meglio ad eliminare, la disparità di trattamento e si favorisca l’integrazione dei cittadini di altri paesi sia europei che extraeuropei, con i cittadini italiani. Dunque, il taglio del nuovo modello è l’universalità, cioè la possibilità che viene data non solo ai cittadini italiani, non solo ai cittadini europei ma anche extra europei e stranieri residenti in Italia di partecipare al Servizio civile e dunque di contribuire alla difesa non armata della patria. La riforma intervenuta di cui stiamo dissertando, pone una particolare attenzione alle problematiche dei giovani. Soprattutto in considerazione del fatto che i giovani rappresentano una delle categorie purtroppo maggiormente colpite dalla crisi economica. Difatti, uno degli obiettivi di questo provvedimento è quello di coinvolgere tutti quei giovani che hanno minori opportunità, quei giovani che vivono situazioni di difficoltà e che avranno dunque, così facendo, maggiore occasione di partecipare agli interventi di servizio civile universale. Inoltre, sono previsti anche dei meccanismi cosiddetti di premialità che consentono agli enti che realizzano interventi, impiegando questi giovani, dunque, che vivono situazioni di marginalità, di difficoltà sia sociale che economica. Questi enti, appunto, ricevono delle premialità per così dire, come si acquisissero maggiori punteggi e dunque un riconoscimento superiore da parte dello Stato. Il nuovo sistema, dunque, riconosce agli operatori volontari del servizio civile universale che sono impegnati in interventi da realizzarsi in Italia, anche la possibilità di effettuare il servizio civile all’estero per un periodo non superiore ai tre mesi.
All’estero intendiamo sempre all’interno dei paesi membri dell’Unione europea e questo proprio con lo scopo di rafforzare il senso di appartenenza all’Unione con lo scopo di facilitare lo sviluppo di un sistema europeo di servizio. In alternativa i giovani volontari per lo stesso periodo, quindi per tre mesi, possono usufruire di un tutoraggio finalizzato alla facilitazione dell’accesso al mondo e al mercato del lavoro.
A favore dei giovani è previsto altresì il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze acquisite. Con lo scopo di consentire l’utilizzo in ambito lavorativo e nei percorsi di istruzione, nonché un modello flessibile di servizio civile con una durata da modulare in base ovviamente alle esigenze di vita e di lavoro dei giovani. Infine, nell’ambito del nuovo sistema sono istituite le cosiddette consulte nazionali per il servizio civile universale e la rappresentanza degli operatori volontari sia a livello nazionale che a livello regionale. Questi non sono altro che organismi consultivi per favorire un perenne e costante confronto con lo Stato in ordine alle questioni concernenti l’attuazione del servizio civile universale. Allora siamo giunti al termine di questo nostro breve ma intenso viaggio, spero di non avervi annoiati e non mi resta che augurare un buon anno di servizio civile a tutti i volontari. Un abbraccio e a presto.

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